Sono trascorsi 40 anni dall’omicidio dell’allora presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, assassinato dalla mafia in via Libertà a Palermo. Oggi in Aula alla Camera lo abbiamo ricordato e commemorato. Questo è il testo del mio intervento:
“Noi oggi ricordiamo un uomo delle istituzioni che credeva che non esistesse una buona amministrazione della cosa pubblica senza un’efficace lotta alla mafia. Sono passati quarant’anni dal sacrificio del Presidente Mattarella ed oggi è per noi è scontato affermare che la lotta al crimine organizzato vada condotta a tanti livelli. Il problema della mafia esiste perché nella società, nella classe dirigente, non solo politica, ma pure economica e finanziaria, si affermano comportamenti individuali e collettivi che favoriscono la mafia.
È necessario risvegliare i doveri individuali e i comportamenti dei singoli, che finiscono con il consentire il formarsi di un’area dove il fenomeno ha potuto prosperare. Così parlava Piersanti Mattarella nella sua ultima intervista concessa al Giornale di Sicilia poche ore prima di essere ucciso. Queste parole offrono la cifra di una personalità che nulla aveva da spartire con una certa politica che in quegli anni distruggeva la Sicilia. Alle sue parole, pesanti come macigni per tutti quelli che prosperavano scodinzolando dinanzi ai boss di turno, seguivano atti concreti, che evidentemente hanno messo in grande difficoltà il potere mafioso.
Da assessore al bilancio della regione siciliana, negli anni Settanta è riuscito a declinare in atti concreti la sua idea di lotta alla mafia, colpendola in quei settori, come quello della speculazione edilizia, dove maggiormente essa si annidava. Si è speso per la regione delle carte in regola: carte in regola voleva dire meno spazio per la politica clientelare e maggiore trasparenza.
Era un uomo che non si girava dall’altra parte, ma affrontava l’enorme mole di problemi che si presentavano mettendo in campo tutte le sue competenze per trovare le giuste soluzioni. Era, la sua, un’attività politica svolta con serietà e competenza, per onorare gli impegni assunti con la comunità intera, non soltanto con alcuni o pochi. Questo era il modo in cui onorava i ruoli istituzionali che ha ricoperto, questo è l’insegnamento di cui tutti noi, che siamo chiamati a svolgere funzioni pubbliche, dobbiamo fare tesoro: impegnarci a modificare la legislazione, non già per inseguire il facile consenso delle prossime scadenze elettorali, ma per modernizzare lo Stato e creare le condizioni di sviluppo.
La mafia prospera laddove lo Stato è assente. Non basta l’attività di repressione e di presenza delle Forze dell’ordine sul territorio, ma servono politiche che possano sottrarre i giovani al cappio mafioso. Occorrono investimenti sempre maggiori sulla scuola, la cultura, la giustizia. Dobbiamo avere tutti il coraggio di non guardare alle scadenze elettorali, ma di costruire qualcosa che guardi al futuro delle prossime generazioni e, passo dopo passo, estirpare quella cultura della prevaricazione per affermare l’etica politica, la giustizia sociale e la legalità, anche nel suo nome“.






