Via D’Amelio è un luogo altamente simbolico non solo per i palermitani, ma per tutti coloro che credono nella legalità e nella lotta senza quartiere contro il cancro mafioso. Ne sono sempre stata convinta e non ho mai smesso, né mai lo farò, di battermi per questo.
Seguendo questo principio, come vicesindaco di Palermo ho avviato l’iter per la piena valorizzazione e tutela dell’intera area di via D’Amelio, dove c’è il progetto di creare un giardino della memoria, come peraltro richiesto da Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, in una petizione che ha raccolto quasi 120 mila sottoscrizioni.
“In quel luogo che quell’esplosione aveva trasformato in un inferno, in quella terra bagnata dal sangue mescolato insieme di Paolo e dei suoi ragazzi, mia madre ha voluto che fosse piantato un ulivo che fece venire apposta da Betlemme, perché quel luogo diventasse un simbolo di pace e di speranza piuttosto che di violenza e di morte. Quell’ulivo – scrive Salvatore Borsellino – è oggi meta del pellegrinaggio delle tante persone che da ogni parte dell’Italia e del mondo si recano in quel luogo e si raccolgono in meditazione”. Anche per questo la strada, che continua ad essere piena di macchine, dovrebbe essere trasformata in un Giardino della Memoria, per far “ritornare quel luogo quello che è e deve essere: un luogo sacro”.
Condivido queste parole. Come ho sottolineato ai media a pochi giorni dal trentunesimo anniversario della strage di Via d’Amelio, “tutti dobbiamo impegnarci per tradurre la memoria in gesti concreti, anche valorizzando un simbolo come l’albero di via D’Amelio e restituendo il luogo alla piena fruizione di quanti vi si recano”. Manterrò il mio impegno, perché la memoria è un diritto, ma è anche un dovere.






