A distanza di quarantaquattro anni, la sinistra “istituzionale” infanga la memoria di Sergio Ramelli.
Il 29 aprile di ogni anno, la comunità della destra italiana ricorda – da più di quarant’anni – il tragico omicidio di Sergio Ramelli. Militante e fiduciario del Fronte della Gioventù (Msi), fu vittima dell’odio politico della sinistra, che faceva proselitismo tra le scuole di Milano. Erano anni in cui lo scontro ideologico tra i più giovani degenerava troppo spesso in episodi di violenza fisica. Sergio militava a destra e aveva avuto più volte parole di condanna verso le barbarie attuate in quel periodo dalle brigate rosse.
Per queste ragioni divenne il bersaglio degli studenti di sinistra vicini all’organizzazione Avanguardia Operaia. Lo accusarono di essere “un fascista” e per questo organizzarono una violenta rappresaglia che al povero Ramelli arrivò a costare la vita. Lo aggredirono per strada, massacrandolo a colpi di chiave inglese sulla testa e sugli arti.
L’agonia di Sergio durò 48 giorni, poi si spense per i forti traumi alla calotta cranica, il 29 aprile del 1975.
Un’esecuzione in piena regola per cui nessuno, tra falsi pentimenti e depistaggi vari, ha mai pagato fino in fondo. A rendere il quadro ancor più desolante è come certa sinistra continui tuttora a infangare la memoria di quella che fu una vittima sacrificale dell’odio politico. D’altronde, lo fecero già 44 anni fa, quando i consiglieri comunali di Milano, venuta a sapere la notizia, si alzarono in piedi ad applaudire, all’interno dell’aula consiliare di palazzo Marino. Oggi ci riprovano i giornaloni come “Repubblica“, che in questi giorni ha ricordato Ramelli come vittima di presunti “scontri di piazza”, una ricostruzione fantasiosa e faziosa, che nulla ha a che fare con la reale ricostruzione della vicenda. Dal canto suo, il sindaco milanese Giuseppe Sala (Pd) ha addirittura negato una manifestazione commemorativa.
Sono questi segnali di un paese basato ancora sulla mentalità dei “due pesi e due misure”, dove c’è ancora chi tenta di riscrivere a convenienza la storia e chi – come noi – ha il compito di tenere viva la memoria, per rispetto della giustizia e della verità.