Palermo, 11 agosto 1982. Il professor Paolo Giaccone, medico legale, viene ucciso dalla mafia con cinque proiettili che lo colpiscono alla testa.
La sua colpa? Avere avuto sempre la schiena dritta ed essersi rifiutato di piegarsi alle pretese criminali di “aggiustare” le perizie. Questo suo rigore professionale, che consentì alla magistratura di incriminare e processare numerosi mafiosi, gli costò la vita.
Sul sito dedicato a Peppino Impastato è riportato un significativo e toccante ricordo di Paolo Giaccone firmato da Piero Terzo, ex presidente dell’AVIS di Palermo che, con il professore, fu animatore dell’importante centro per la raccolta del sangue. In esso, tra l’altro, si legge: “Pur essendo uomo e professionista affermato, non aveva nulla di scostante, era semplice, affabile ma soprattutto Amico. Infine l’onestà. Da tutti unanimemente attestata, adamantina, che costituiva una certezza incrollabile per le Sue perizie medico-legali. Per questo è stato ucciso”.
Il professor Giaccone, a cui sono in seguito stati intitolati il Policlinico di Palermo e una via nel Parco della Favorita, fu strappato alla sua famiglia (la moglie e quattro figli), perché scelse coraggiosamente di combattere la mafia. Non indossando una divisa o una toga, ma il suo camice di medico. Questo dimostra che ciascuno di noi, nella propria quotidianità e ambito professionale e lavorativo, può e deve scegliere da quale parte stare. Paolo Giaccone scelse la parte giusta, anche se ha significato pagare un prezzo altissimo.







