A trent’anni di distanza dalla strage di via D’Amelio, nella quale furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, arriva un’altra sentenza senza che sia fatta piena luce su quello che è stato definito il più grande depistaggio della storia d’Italia.
Il pronunciamento emesso ieri dai giudici di Caltanissetta, da quanto è possibile dedurre dalla lettura del dispositivo in attesa di conoscerne le motivazioni, lascia grande amarezza, poiché nell’ambito delle indagini sulla strage sono stati commessi reati, ma il lungo lasso di tempo trascorso prima che lo Stato esercitasse la sua potestà punitiva tramite l’azione penale ha fatto sì che la ricerca della verità si infrangesse sul muro della prescrizione.
Proviamo a dare un nuovo impulso alla ricerca della verità con l’istituzione di una commissione d’inchiesta. Se la verità processuale stenta ormai ad emergere, la verità storica deve essere ricostruita. Sento forte il debito di riconoscenza nei confronti dei familiari del giudice Borsellino che in questi anni, troppo spesso in solitudine, hanno lottato per la verità trasformando il dolore personale nel diritto di un’intera nazione a conoscere la verità. Rivolgo un appello a tutte le forze parlamentari perché la proposta diventi presto legge dello Stato.






